Nel 2020 ho iniziato un progetto fotografico sul mio amico Mauro Di Vito.
Andai a trovarlo il 19 febbraio, un giorno prima che in Italia venisse registrato il primo caso di infezione da coronavirus.
Quella fu l'ultima volta in cui vidi i suoi genitori, entrambi morti per il Covid nei giorni seguenti.
A marzo, Mauro si era già trovato in una situazione paradossale, dominata dal peso della tragica perdita e, per contrasto, da un'importante eredità: la dimora storica della sua famiglia, diventata il contesto, nonché il luogo unico e fondamentale, di quel che ho voluto raccontare.
Mauro si è trovato da solo nella casa avita. O forse si è ritrovato. Solo e libero di essere.
Questo lavoro, nato per documentare un passaggio importante della sua vita, è diventato il ritratto della rinascita dell'essere umano più geniale ed eclettico che abbia mai conosciuto.