San Fiorano (Lodi), 21 febbraio 2020.
Alle sette di mattina un sms mi ha informato del primo caso di positività al Covid-19 presso l’ospedale di Codogno, a 2 km da casa mia.
Il primo in Italia. Il primo in Europa. Il primo nel mondo occidentale.
Nessuno avrebbe mai immaginato che quello sarebbe diventato l’epicentro di un evento in grado di cambiare ben presto le nostre vite e quelle dell’intero pianeta.
A fine marzo ci saremmo trasferiti nella nuova casa e, nel mentre, eravamo ospiti dai miei nonni già da qualche mese.
Quel giorno, invece, è cambiato tutto e ci siamo ritrovati all’interno della cosiddetta Zona Rossa: un territorio di dieci paesi blindati dalle forze dell’ordine.
Ho vissuto i primi 18 giorni di isolamento con mia moglie, nostra figlia di quasi tre anni, i miei nonni e mio padre, qui in visita dalla Sardegna. Sei persone per quattro generazioni diverse all’interno della stessa abitazione.
Da allora ci siamo abituati al timore di imbatterci in questo nemico accompagnati dall’angoscia, dal terrore e dalla speranza.
Nel mentre la convivenza si è fatta talvolta difficile, così come il mantenimento di un equilibrio nelle dinamiche familiari, dominate dall’esuberanza di mia figlia e, per contrappeso, dalla demenza senile di mio nonno.
Dopo i primi giorni di notizie ed indicazioni piuttosto confuse, la paura ha lasciato spazio all’idea che il virus non costituisse un pericolo importante. L’assenza di traf- fico ha fatto sì che la gente si riappropriasse degli spazi aperti, creando assembra- menti e favorendo la trasmissione della malattia.
I contagi sono aumentati vertiginosamente ed il tasso di mortalità si è mediamente quadruplicato rispetto all’anno precedente.
Quando è stata proclamata l’estensione a tutta l’Italia delle restrizioni, qui stava già avvenendo un cambio di rotta importante riguardo i comportamenti sociali: la limi- tazione di ogni spostamento e l’adozione delle prime forme di distanziamento fisi- co hanno anticipato i decreti, permettendo al nostro territorio, nonostante fosse considerato zona di focolaio da Covid-19, di abbattere il numero dei contagi e dei decessi nel giro di due mesi.
Oggi la situazione, nella Zona Rossa di Codogno e dintorni, è in costante miglio- ramento.
In questo tempo abbiamo potuto, a modo nostro, preparare all’impatto le persone fuori da questo territorio, specialmente in quelle zone d’Italia e del mondo in cui il pericolo legato al Covid-19 non veniva nemmeno preso in considerazione.
Quanto accaduto mi ha permesso di confrontarmi con le dinamiche alienanti, so- spese e provanti dell’isolamento e della sofferenza e, per contrasto, con la naturale ricerca della vita; è il compendio in cui ho potuto sperimentare una condizione uni- ca anche per la documentazione fotografica diventando il testimone e corrispon- dente dalla prima zona rossa italiana.