Nel 2018 vivevamo a Milano e, nei weekend, si tornava in quel di San Fiorano a far riposare la mente.
Una sera di fine maggio, nel campo abbandonato ed incolto di fronte alla casa dei miei nonni, vi trovai un piccolo circo a conduzione familiare.
I colori sbiaditi del tendone e le lucine all’ingresso mi avevano catapultato all’improvviso nei ricordi di quand’ero bambino e, la cosa, mi aveva alquanto sorpreso ed emozionato.
La sera stessa decisi di godermi lo spettacolo.
La magia di quella sera fece sì che, da quel giorno, decisi di seguire e fotografare il circo della famiglia Folloni per alcuni mesi, affascinato dalla loro storia, dal loro modo di vivere e da quel che c’era oltre il tendone rosso.
Ma, soprattutto, dal fascino decadente ed immortale di un mestiere sempre più destinato a scomparire.
Poi le strade presero direzioni diverse. Le loro, le mie.
Gli affari non andavano bene e, per un piccolo circo a conduzione familiare, resistere vuol dire sopravvivere.
La scelta di rinunciare agli animali negli spettacoli, inoltre, era stata pagata a caro prezzo.
Parte della famiglia si era trasferita in Spagna, dove una componente della famiglia aveva fatto fortuna arrivando alle fasi finali di un talent show televisivo, proprio con una performance circense.
Gli altri componenti si erano invece appoggiati ad un circo più grande, il Circo delle Stelle, lavorando alle loro dipendenze ma sognando di raggiungere, prima o poi, il resto della famiglia in terra iberica.
E una nuova vita per il Circo Folloni.